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Dall’urlo dei mietitori agricoli a quello di Marco Tardelli

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Nel volume “Romagna solatia”, edito nel 1925, l’autore Paolo Toschi scrive che all’epoca della mietitura, si sentiva risuonare nei campi assolati, gioioso e selvaggio, l’urlo gutturale che i contadini e i braccianti lanciavano tutti assieme “nell’accesa aria meridiana alla vista della colazione che vien portata dalla casa del colono, e che sarà consumata nelle stoppie”. Anche Giovanni Pascoli nella lirica “Romagna” descrive tale momento in questo modo: “È l’urlo che lungi si perde entro il meridiano ozio dell’aia”. Un urlo, quindi, che veniva lanciato dai mietitori intenti alla raccolta del grano, oltre che da chi falciava il fieno, operazione agricola, anche questa, che viene effettuata nella calura della tarda primavera o dell’estate.

Consultando il libro di Michele Placucci “Usi e pregiudizi dei contadini della Romagna” del 1818, che riporta le informazioni di un’indagine effettuata durante l’occupazione napoleonica delle nostre terre, si può leggere quanto riferì il parroco di Mezzano (Ravenna): “I lavoratori intenti alle operazioni di falciatura cantavano stornelli e tramandano degli usi a guisa di pazzi e spiritati”. Il parroco dei Romiti (Forlì), per la stessa indagine, annotò che quando veniva portato da bere ai mietitori “tutti cominciano ad urlare fortemente in segno di allegria”.

Scorrendo i volumi citati si scopre che un simile urlo veniva emesso dai vangatori e da altri lavoratori agricoli e che il fenomeno esisteva fra le antiche popolazioni dei Fenici, degli Arabi ed era diffusissimo in Europa. Ma che significato e che funzione avevano, almeno in origine, queste urla lanciate durante alcune lavorazioni agricole? In modo sintetico si può dire che l’impiego più noto delle urla e degli strepiti ha come scopo di allontanare presenze, influenze e spiriti maligni e per difendersi da loro. Perché, così come può essere un’arma di offesa, l’urlo può essere potente arma di difesa.

Oggi tutto questo non esiste più. Nell’immagine collettiva gli unici urli che “bucano” i mezzi di informazione sono quelli di Marco Tardelli del 1982, con cui festeggiò la sua rete alla Germania durante la finale del Campionato del mondo di calcio, e quelli di questi giorni di Antoine Griezmann, di Paul Pogba e di Kylian Mbappè che con la nazionale francese hanno battuto la brava nazionale della Croazia vincendo il trofeo più ambito. Urla che oltre a manifestare gioia hanno comunque avuto lo scopo di allontanare la paura della sconfitta.
Questa è l’unica similitudine con le consuetudine di un mondo arcaico e contadino che ai nostri tempi può essere contemplata.