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Gioco d’azzardo, una piaga sociale. Excursus storico, numeri e riflessioni

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Sfidare la sorte ci accompagna dalla notte dei tempi. Attraversando le epoche, l’antico az-zahr, il “dado” per gli arabofoni, ha assunto, in divenire, le sembianze di un casinò veneziano del 1638, una fabbrica di slot machines nel 1895, una produzione in serie di ‘new slot’ e videolottery nel 2000. In ogni tappa della storia umana è forte il legame interdipendente instauratosi tra il ‘genio’ umano, al servizio di un ostinato progredire, e l’innato desiderio di affidare la vita al sovrannaturale onde riscuotere una ricompensa. Se ‘azzardare’ etimologicamente ha acquisito la definizione di ‘esporsi ad un rischio’; la cultura di massa ha associato quel ‘rischio’- di natura economica e subordinato al caso – alla mera attività ludica, lasciando così spazio alla moderna letteratura scientifica di soffermarsi sul ‘fenomeno sociale’ del gioco d’azzardo e sulla sua multidimensionalità. Nell’estremo e compulsivo esercizio, esso “comporta una compromissione della salute mentale e fisica, una disfunzione delle relazioni con gli altri e con i familiari, problemi finanziari, difficoltà lavorative e problemi legali”, a cui si sovrappongono, parimenti, l’insorgenza di una serie di affezioni correlate all’uso/abuso di alcol e di sostanze psicotrope.

Dagli anni ’80 sino ai giorni nostri, non solo è stato riconosciuto all’azzardo lo status di ‘disturbo psichiatrico’ (American Psychiatric Association, 1980) ma la ‘Classificazione statistica internazionale delle malattie e dei problemi sanitari correlati’ (ICD) promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nella sua decima revisione in vigore dal 1 gennaio 1993 (la stesura dell’undicesima è in via di sviluppo nell’anno in corso, ndr), l’ha annoverato tra i ‘disturbi delle abitudini e degli impulsi’ contribuendone ad una più rigorosa e scientificamente appropriata definizione: disturbo da gioco d’azzardo. Pertanto, una dipendenza ‘sine substancia’ (senza stupefacente), ovvero in grado di innescare dinamiche psicologiche e neurobiologiche tipiche dell’uso/abuso di droghe (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, DSM-IV). Un’esplicazione sopraggiunta inoltre dal riordino della disciplina italiana in ambito sanitario  dal Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri datato 12 gennaio 2017 – definente ed aggiornante dei “livelli essenziali di assistenza” del decreto legislativo del 30 dicembre 1992 n° 502 – di cui l’art. 28 “Assistenza sociosanitaria alle persone con dipendenze patologiche” ha incluso la dipendenza da gioco d’azzardo nella presa in carico e nello svolgimento terapeutico da parte del Servizio Sanitario Nazionale ad accesso diretto nelle sue sedi distrettuali (Dipartimento Servizi alle Dipendenze).

L’ESPAD – Italia (European School Survey Project on Alcohol and other Drugs – Italy), una ricerca sui comportamenti d’uso di alcol, tabacco e sostanze psicotrope legali e non, da parte degli studenti di età compresa tra i 15 e i 19 anni su campione rappresentativo e con cadenza annuale, condotta dal reparto di Epidemiologia e Ricerca sui servizi sanitari dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio Nazionale delle ricerche di Pisa, suona stabilmente la campanella d’allarme tra i giovanissimi. Secondo il report del 2015, il 49% degli studenti nell’età compresa nell’intervallo di analisi, ha giocato almeno una volta nella vita e il 42% lo ha fatto nell’anno; sono i maschi (52%) ad avere la meglio sulle femmine (32%) e circa il 44% degli studenti giocatori abita e/o frequenta una scuola a meno di cinque minuti dal punto gioco. Quest’ultimo dato ci faccia riflettere sull’importanza di essere capofila nell’ambigua lotta nazionale al gioco d’azzardo come lo è, da anni, la Regione Emilia-Romagna attraverso la sua ferma e precisa legislazione: la L. R. n° 5/2013 sulla ‘prevenzione, riduzione del rischio e contrasto alla dipendenza del gioco d’azzardo patologico; le successive e significative modifiche introdotte dall’art. 48 della L. R. n° 18/2016; l’approvazione della delibera n° 831 del 12 giugno 2017 sul ‘divieto di apertura e di esercizio entro 500m dai luoghi sensibili’.

La mappatura dei ‘luoghi sensibili’ (istituti scolastici di ogni ordine e grado, luoghi di culto, impianti sportivi, strutture sociosanitarie, strutture ricettive per categorie protette, luoghi di aggregazione giovanile e oratori, nonché la concessione di poteri di discrezionalità ai Comuni in base al contesto urbanistico, sociale ed economico) prevista dalla suddetta, ci rivela quanto importante sia la ‘prossimità’ degli spazi come elemento di incentivazione e la ‘normatività’ delle direttive intraprendibili ai fini di una decisiva disincentivazione. Con l’intento di consolidare le iniziative prevenzionali, il 6 gennaio scorso la Regione ha reso pubblica, sul suo portale online, l’approvazione da parte della Giunta del ‘Piano d’azione Regionale contro la ludopatia’ nella sua forma integrale a seguito del placet ricevuto dall’’Osservatorio nazionale per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo’. Sono 3 milioni e 712 mila euro, le risorse stanziate dal Ministero della Salute in sostegno sia all’assistenza territoriale delle Ausl nei percorsi diagnostici e terapeutici sia ai Comuni nelle attività di prevenzione, sensibilizzazione ed elaborazione di progetti locali, nonché le collaborazioni con i Centri anti-usura e gruppi ‘aiuto-mutuo-aiuto’ come l’Associazione ‘Giocatori Anonimi’.

Dei 909.512 euro destinati all’Ausl Romagna, circa 150mila euro sono per il forlivese e 168mila euro per il cesenate ripartiti tra i rispettivi Comuni e distretti sanitari (Laura Giorgi, Gioco, in Provincia cresce la febbre, Corriere di Romagna, 10/01/2018). In questa galassia di misure e contromisure persiste però un abisso infinito, sfuggente ed incontrollato da sottoporre persino ad una giurisprudenza esclusiva: il web. Il gioco d’azzardo online è la nuova frontiera della possibilità e della comodità fatta di connessione internet, iscrizioni gratuite e rapide, esercitabile senza l’altrui discrezionalità e a costi minimi. Una pericolosa fruibilità semplificata dalla transizione dal personal computer al mobile. Difatti, il computer è lo strumento più utilizzato (47%) sia dai maschi (51%) che dalle femmine (30%), sia da minorenni (42%) che da maggiorenni (53%); al secondo posto, la ‘vita in una tasca’, lo smartphone (34%) senza distinzione di genere (maschi 36%, femmine 27%) e di età (34% minorenni, 35% maggiorenni).

Una piaga su larga scala che trova consenso e consapevolezza maggiore e crescente nella popolazione italiana, anno dopo anno. Gli italiani considerano il gioco d’azzardo una dipendenza grave che può essere curata dallo psicologo (31,1%) e presso associazioni o comunità specializzate (28,4%). Tra i provvedimenti più indicati vi è l’eliminazione delle slot dai bar e locali pubblici (51,8%) e a ruota il divieto di fare pubblicità (34,3%), la prevenzione nelle scuole (30,6%), l’introduzione di limiti negli importi nelle giocate (28,5%), maggiori informazioni sui danni del gioco (28,5%), limitare il numero delle sale gioco (26,6%). A riguardo, è notizia della settimana scorsa, in quel di Forlì, la firma all’ordinanza comunale in vigore dal 1 febbraio 2018 applicante delle fasce orarie di apertura 10-13/15-23 alle sale pubbliche e agli esercizi commerciali allo scopo di ridurre le possibilità di gioco e di interrompere la circolarità patologica che trasporta la vittima nel vortice dell’azione compulsiva. Restringere, dunque, il campo di osservazione conferisce una maggiore cognizione dell’’azzardo-mania’ nel nostro territorio.

Considerando l’andamento dell’utenza presso l’Ausl Romagna (Forlì, Cesena e Valle del Savio, Rubicone, Faenza, Lugo, Ravenna, Riccione, Rimini) per il periodo 2011-2016, la variazione % nel quinquennio ha subito un significativo incremento del 22%: partendo dai 118 utenti nel 2011, passando per l’apice statistico raggiunto nel 2015 con 156 utenti, si è giunti a registrare una lieve flessione di quest’ultimi in trattamento per il periodo 2015-2016 (-7%) con 145 utenti. Un incedere pressoché crescente sebbene il dato della prestazione sanitaria per i giocatori sia in calo rispetto all’anno precedente. Per l’anno 2016, i Servizi Pubblici per le Dipendenze patologiche hanno avviato programmi terapeutici al 3% dell’utenza totale per il gioco d’azzardo (3,3% nel 2015). Sono il 4,8% gli utenti di nazionalità straniera assistiti per problematiche legate al gioco d’azzardo patologico (GAP) in netto calo rispetto al recente trascorso (8,3%).

Esaminando più dettagliatamente la tabella delle caratteristiche socio-anagrafiche, le sedi di Forlì e Cesena registrano le % più alte, dell’intero comprensorio romagnolo, di giocatori d’azzardo (ingl. ‘gamblers’; il 3,8% dei 715 assistiti nell’una ed il 5,1% dei 851 nell’altra) in terapia con un aumento del 2,2% dei nuovi rispetto all’anno precedente. La fascia d’età più rappresentativa dei 145 utenti in trattamento presso l’Ausl Romagna per dipendenza è la 40-49 anni (29,7%), seguita dalla over 59 (26,2%); mentre gli under 30 costituiscono l’8,3%. Altrettanto degno di nota è il dato riguardante la ludopatia femminile che, seppur lieve, nel periodo 2011-2016 è passata dal 15,6% al 16,6%. Le ‘new slot’ (39.3%) sono al primo posto tra i giochi d’azzardo più diffusi sia per l’accessibilità economica (puntate da un minimo di 0,50 cent ad un massimo di 2,00 euro/ vincita massima di 100 euro) sia per l’accessibilità degli spazi (bar, circoli, tabacchi, ristoranti, ecc.); non è un caso che il bar sia considerato il luogo eletto dall’utenza (57,9%), seguito dalla sala giochi (32,4%).

A sostegno di queste cifre legate alla facilità dell’accesso, vi è un accrescimento della fruizione quotidiana e settimanale. Nel 2016, sono il 31,7% i soggetti che giocano una o più volte a settimana contro il 26,8% nel 2014, ed è significativo il dato (17,2%) di chi dichiara di giocare una o più volte al giorno. Terrificante è il vortice compulsivo che trasporta il 53,8% degli scommettitori a trascorere al gioco fino a 3 ore al giorno e il 6,9% a dichiarare di trascorrere metà giornata. Se la spesa media annua pro-capite (a testa) in cultura è di trenta (30) volte inferiore rispetto al gioco (58,8 euro in libri contro i 1,583 euro nel gioco, L’Espresso, febbraio 2017), la distorsione non solo risulta lampante ma dà adito a più di un interrogativo. L’azzardo è un fenomeno esponenzialmente in crescita, eppure gran parte di esso resta tutt’oggi sommerso. Allora aiutiamoci ad aiutare, soprattutto con l’informazione.

Cristian D’Aiello