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L’inedito caleidoscopio di Elliott Erwitt si apre ai Musei San Domenico

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Ultimo aggiornamento:

Da domani sabato 23 settembre fino al 7 gennaio 2018 i Musei San Domenico di Forlì ospiteranno la prima grande retrospettiva mondiale di immagini sia in bianco e nero che a colori di Elliott Erwitt: “Personae”, un inedito viaggio nel mondo di Erwitt attraverso i 170 scatti risultati, per quasi la metà, dalla recente rivisitazione dell’autore del suo immenso archivio fotografico a colori (più di 500.000 negativi), operata insieme con Biba Giacchetti, curatrice della mostra. Un caleidoscopio quantomai originale e sorprendente – a partire dall’allestimento – dal momento che Elliot Erwitt è per lo più noto per le sue fotografie in bianco e nero. Se infatti i suoi scatti in bianco e nero sono ormai diventati icone della fotografia, esposti con grande successo a livello internazionale, la sua produzione a colori è quasi del tutto inedita, dal momento che, proprio nella sua amata Italia, la prima grande retrospettiva di sue fotografie a colori si è da poco conclusa a Palazzo Ducale di Genova. E proprio oggi lo stesso autore, presente all’inaugurazione della mostra di Forlì, ha pubblicamente espresso la sua immensa emozione nel vedere stampati per la prima volta in grande formato i suoi negativi a colori, lui che, avendo 89 anni e vivendo a New York, non è riuscito ad andare a vederli a Genova.

Le 100 fotografie a colori in esposizione sono tratte da due grandi progetti: “Kolor” e “The Art of André S.Solidor”. Se “Kolor” si compone di vecchi negativi Kodak, dai ritratti di personaggi famosi alle immagini più ironiche ed irriverenti, secondo il tipico linguaggio di Elliot Erwitt, “The Art of André S.Solidor” raccoglie, invece, sotto questo pseudonimo, scatti di esilarante e sottile parodia del mondo dell’arte contemporanea, con i suoi controsensi e le sue assurdità, e di un certo tipo di fotografia, quella del digitale e del photoshop, che l’autore detesta. Con la maschera del suo alter ego, Erwitt invita ad una seria riflessione sul mercato dell’arte contemporanea. I 70 scatti in bianco e nero sono invece tratti dal progetto “Personal Best”.

Tutte le 170 fotografie della mostra “Personae” sono stampate con particolare cura ed allestite con cornici fine art e vetro antiriflesso. Il progetto di allestimento è di Fabrizio Confalonieri. Come tutti i fotografi della sua generazione, Erwitt ha prediletto il bianco e nero per una scelta di autonomia e controllo sul risultato finale. Ancora oggi, stampa ogni singolo negativo in bianco e nero, nel suo studio di New York. Con gli anni, il colore è tecnicamente migliorato e i giornali lo hanno adottato, imponendolo ai fotografi che, per comodità e per scelta espressiva, sono comunque rimasti ancorati al bianco e nero per le foto artistiche. Anche Erwitt si è mantenuto fedele al bianco e nero, dedicando il colore esclusivamente ai lavori su commissione: dalla politica al sociale, dall’architettura al cinema e alla moda.

Considerato il fotografo della commedia umana, Erwitt riesce con empatia e sguardo tagliente – a volte ironico, a volte sarcastico, a volte scanzonato, a volte tenero – a cogliere la complessità del vivere quotidiano. Senza mai mettersi “al di sopra” del soggetto immortalato, ma sempre “sullo stesso piano”. Con il titolo “Personae” – non a caso nelle corde della ottava edizione della Settimana del Buon Vivere – si allude proprio a questa sua adesione alla vita concreta degli individui e, allo stesso tempo, ad un senso della maschera e del teatro, cifre costanti della sua produzione. Il suo obiettivo ha catturato, negli ultimi 60 anni ed oltre di storia e civiltà contemporanea, sia numerosi personaggi e celebrities (dai Kennedy a Che Guevara, da Khrushchev e Nixon a Fidel Castro, da Marilyn Monroe a Sophia Loren, da Hitchcock a Clark Gable e a Schwarzenegger) che persone comuni, ritratte nelle situazioni insolite, bizzarre, divertenti o commoventi, paradossali e sorprendenti della vita di tutti i giorni, ed anche numerosi bambini e cani, ai quali Erwitt riversa tutta la sua tenerezza.

Alla domanda perché fotografasse tanti cani e bambini, rispose “perché avevo tanti bambini e cani e questi ultimi avevano il vantaggio, rispetto agli uomini, di non chiederti la stampa della foto che gli fai”. Ai cani Erwitt ha dedicato vari libri fotografici. Sono cani “antropomorfi”, che raccontano la condizione umana.
“Quando uno si trova di colpo in mezzo ad estranei che blaterano in una lingua che non capisce, deve usare gli occhi. E cosa vede? Vede esseri umani comici, tristi, felici: esseri umani più o meno come lui”. Il suo stile inconfondibile, caratterizzato dal bianco e nero, dall’empatia e dal sense of humor, dalla perfezione formale, è sempre mosso da un unico grande “dogma”: l’osservazione, l’attenta analisi della realtà che lo circonda come punto di partenza per la realizzazione di qualsiasi tipo di scatto, eseguito per lungo tempo con la sua celebre Leica M3. Osservare, notare e sovente anche schernire, ma sempre in maniera benevola, le emozioni e i difetti propri dell’essere umano, tramite immagini di straordinaria eloquenza che vanno dritto alla sostanza. Il suo è un mondo filtrato da un ottimismo che non lascia spazio a violenza, guerre o crudeltà. “Uno dei risultati più importanti che puoi raggiungere è far ridere la gente. Se poi riesci, come ha fatto Chaplin, ad alternare il riso con il pianto, hai ottenuto la conquista più importante in assoluto”. “Elliot Erwitt è come le sue fotografie” per dirla con Biba Giacchetti.

Elliott Erwitt, il cui vero nome è Elio Romano Erwitz, nasce a Parigi nel 1928 da genitori ebrei russi. Dopo un’infanzia nomade trascorsa tra Parigi, Roma e Milano, nel 1939 segue la famiglia, costretta ad emigrare a causa delle Leggi Razziali negli Stati Uniti. Dal 1942 al 1944 studia fotografia al Los Angeles City College, poi, dopo essersi trasferito a New York nel 1946, segue dal 1948 al 1950 un corso di storia del cinema presso la New School for Social Research, barattando il costo delle lezioni con il proprio lavoro di custode nella stessa scuola. Agli inizi degli anni ’50 serve l’Esercito degli Stati Uniti in Europa, soprattutto in Francia e in Germania, come assistente fotografo. Ed è dal 1953 che comincia a lavorare regolarmente, come fotografo freelance, con prestigiose testate come “Look”, “Life”, “Collier’s”, “Saturday Evening Post” e “Holiday”. Nello stesso anno, entra, su invito di Robert Capa, alla prestigiosa Magnum Photos come fotografo associato e un anno dopo, nel 1954, ne diviene membro effettivo, cosa che gli permetterà di intraprendere progetti fotografici in tutto il modo. Dal 1970 affianca all’attività fotografica a quella cinematografica e di autore e regista anche per la televisione: dedica gran parte di tempo ed energie alla realizzazione sia di filmati commerciali e documentari, che di lungometraggi e film a soggetto.

Il suo “Red White and Blue Grass” (1973) è premiato dall’American Film Institute. Viene inoltre accreditato come come operatore addetto alla camera per “Gimme Shelter” , film documentario sui Rolling Stones (1970), fotografo di scena per “No direction home: Bob Dylan”, diretto da Martin Scorsese (2005), fotografo aggiunto per “Get Yer Ya -Ya’s out” dei Rolling Stones. Una collezione di films di Erwitt è stata proiettata nell’evento speciale intitolato “An Evening with Elliott Erwitt” al DocNYC Festival nel 2011. Erwitt continua a svolgere un’ intensa e varia vita professionale, che tocca gli aspetti più disparati della fotografia. Mentre lavora per i giornali e per i clienti industriali e pubblicitari – va ricordato che firma anche il Calendario Lavazza 2000 e 2012 – si dedica alla creazione di libri fotografici (a partire da “Son of Bitch” del 1974 oltre 20 pubbblicazioni) e mostre in giro per il mondo.

La mostra “Personae” è promossa dalla Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì con Civitas, Romagna Terra del Buon Vivere e con il Comune, l’Assessorato e il Servizio Cultura e Musei di Forlì, ed è organizzata da Civita Mostre con la collaborazione di SudEst 57. Tutte le info sulla mostra www.mostraerwittforli.it.

Chiara Macherozzi