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Una lapide racconta la storia dei partigiani Corbari, Versari, Casadei e Spazzoli

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Al centro della facciata del Palazzo Comunale, sotto il primo ordine di finestre, è posta una lapide a ricordo del sacrificio di quattro partigiani barbaramente uccisi dai nazifascisti nell’agosto del 1944 e appesi da morti ai lampioni di Piazza Saffi. Il testo elaborato da Aldo Spallicci, denso di significato storico e morale, dice:

FRA TIRANNIA E LIBERTÀ / FRA DITTATURA E POPOLO / STANNO PIETRA DI CONFINE / LE FORCHE DI / SILVIO CORBARI / IRIS VERSARI / ADRIANO CASADEI / ARTURO SPAZZOLI / XVIII AGOSTO MCMXLIV

La lapide che attualmente mantiene viva la memoria di quei tragici avvenimenti è una copia esatta di quella collocata nel 1945, in occasione del primo anniversario. La vicenda della sostituzione può fare capire l’importanza che nelle nostre città hanno queste testimonianze storiche. Ne posso raccontare la dinamica perché me ne occupai personalmente.
Nel 1988, dopo alcuni giorni di abbondanti piogge che avevano prodotto qualche danno alle coperture del Palazzo Comunale, mi accorsi che la lapide posta sulla facciata aveva assunto una conformazione strana. Non era più addossata alla parete, ma si era incurvata pericolosamente verso l’esterno. In qualità di assessore del Comune di Forlì diedi incarico a Afro Fiumana, solerte e capace assistente tecnico del Settore Edilizia Pubblica, di verificare la stabilità del manufatto che minacciava di cadere sulla piazza sottostante.

Dal controllo venne evidenziata la necessità di immediata rimozione della lapide, che fu portata, con l’assenso del responsabile dell’ufficio tecnico, l’architetto Gabrio Furani, presso il laboratorio di un marmista affinché ne realizzasse una identica. Nel giro di un paio di giorni la vecchia si polverizzó: il marmo utilizzato, di qualità scadente, una volta asciutto si sbriciolò. Naturalmente la rimozione della lapide non passò inosservata. Diversi cittadini, in particolare ex partigiani, non sapendo che se ne stava predisponendo una nuova, si attivarono per venirmene a parlare. Poi un giorno, mentre passavo sotto il loggiato proprio all’altezza del bar allora Flamigni, oggi Ceccarelli, esattamente sotto il punto dov’è collocata l’epigrafe, fui fermato e affrontato da Cimbro Ricci. Ricci era un personaggio molto conosciuto a Forlì perché svolgeva l’attività di commercializzazione acqua minerale e di bibite con un vecchio e rumoroso furgone Moto Guzzi a tre ruote.

Durate il Secondo conflitto mondiale Ricci aveva aderito alla Resistenza. Aveva un fisico massiccio, era alto e forte, due mani possenti e di grandi dimensioni. Con la mano destra mi afferrò all’altezza dell’avambraccio sinistro, strinse forte e in dialetto romagnolo mi chiese perché avevo fatto togliere la lapide che ricordava il sacrificio dei partigiani Corbari, Versari, Casadei e Spazzoli. Aggiunse che lui, come vecchio repubblicano, e molti altri chiedevano che fosse ricollocata. Spiegai allora la situazione all’interessato e al gruppo di persone che si era formato intorno a noi, tutte solidali con Cimbro Ricci, e per nulla con me che avevo il braccio stretto come in una morsa. Cercai di rassicurare che la lapide sarebbe stata ripristinata in pochi giorni e che comunque la garanzia era che se ne stava occupando Afro Fiumana, anch’egli personaggio attivo nel movimento antifascista. A quel punto Ricci mollò la presa (i segni della sua mano rimasero sul mio braccio per qualche giorno) e in dialetto sentenziò: “E’ sarà mei par tòt” (Sarà un bene per tutti). In realtà fu chiaro che nell’immediato il bene fu soprattutto per l’incolumità del sottoscritto. Quando poi la lapide fu riposizionata, rispettando anche i tempi promessi, mi furono rivolti molti attestati di stima che condivisi con Afro Fiumana e Gabrio Furani.

La Rubrica Fatti e Misfatti di Forlì e della Romagna è a cura di Marco Viroli e Gabriele Zelli