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Il dito e la luna: quali azioni per l’emergenza smog?

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Nell’emergenza smog emerge una chiara mancanza di basi comuni. Dopo tanti anni passati a controllare i limiti di particolato PM10, oggi con chiarezza il Dottor Forestiere ci dice che il vero pericolo solo le polveri ultra fini PM2.5, perché è la principale componente del PM10, e perché può interagire con le vie polmonari e respiratorie. Forestiere e Gentilini ci ricordano che i limiti di legge non sono sufficiente a tutelare la salute delle persone. Infatti, i limiti suggeriti come obiettivo di qualità dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per PM2.5 sono pari a 25 e 10 microgrammi per metro cubo, rispettivamente per i valori medi giornalieri e annuali.

La normativa italiana, D.Lgs. 155/2010, prevede un limite solo per le medie annuali, con obiettivi temporali: 25 microgrammi per metro cubo entro il 2015, 20 entro il 2020. L’utlimo rapporto ISPRA disponibile, riferito al 2012, ci riporta una fotografia preoccupante. Le medie annuali sono quasi tutte superiori a 10 e in alcuni casi superiori a 25, i valori giornalieri hanno picchi superiori a 100 quasi ovunque e in alcuni casi, vicino a 200 (http://annuario.isprambiente.it/ada/scheda/4972/11).

Guardando il problema da questo punto di vista, la situazione è effettivamente drammatica. Per superare illazioni e inevitabili strumentalizzazioni di partiti politici – divertente leggere a parti invertite le stesse dichiarazioni da esponenti di partiti diversi, che, quando sono all’opposizione, accusano chi governa in un territorio – serve una base dati condivisa e incontestabile. La responsabilità della pesante eredità è di tutti, perché queste emissioni sono causate dall’uomo. Per Forlì, la media annuale del 2012, rilevata presso la stazione nel Parco della Resistenza, era 19.

Sarebbe utile e interessante confrontare i dati della centralina del Parco della Resistenza con quelli della centralina di via Barsanti (punto di massima ricaduta degli inceneritori), e analizzare il contributo emissivo specifico dei vari settori, per capire qual è la principale sorgente di PM2.5 tra riscaldamento, traffico, attività produttive, trattamento rifiuti, agricoltura e produzione di energia elettrica (i settori definiti dalle linee guida della Comunità Europea). Poi, fissata una base di conoscenze comuni, sarà possibile definire obiettivi e interventi a livello nazionale, regionale e locale. Credo che questi dati possano e debbano essere elaborati da Regione, ARPA e Provincia in tempi brevi.