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Come si diventa Vescovo

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Non avevo mai assistito a un’ordinazione episcopale e presumo che non mi accadrà più nulla vita. È un rito toccante, che pesca in un passato remotissimo: la lettera del Papa mostrata al pubblico (per dire che è vera), l’anello, la mitra, il pastorale, lo sguardo commosso dei colleghi, il cardinale seduto su una sedia manzoniana: cose di/da un altro mondo. Poi c’è l’impatto della modernità: non siamo in Duomo, ma in un palazzo dello sport, con tanto di megaschermi; il latino è limitato ai canti; i preti fotografano col cellulare mentre passa “l’eletto” e il coro intona il Te Deum.

Decisamente, i piani si sovrappongono; e potrebbero pure produrre un effetto vagamente kitsch. A ricomporli bastano le parole del vescovo Lino, commosso pastore che viene da Modena e che ora vede uno dei suoi sacerdoti migliori e più brillanti partire proprio per la sua terra d’origine; e quelle del vescovo Erio Castellucci. Erio scrive e parla un italiano piano e raffinato, comprensibile e colto: parte dagli occhi delle donne del Vangelo e dalle figure straordinarie di due donne “nostre”, testimoni di carità: Benedetta Bianchi Porro e Annalena Tonelli. E poi va diritto al popolo, ai malati, ai suoi parrocchiani. Sguardi e volti attuali, non antichi; laici, non curiali. “Collaboratori della vostra gioia” sarà il suo motto: praticamente, un programma.