La Biblioteca Malatestiana può essere considerata una delle opere più importanti della città di Cesena, sia per il suo valore architettonico sia per la ricchezza del patrimonio librario, risalente in parte al medioevo, arricchito al tempo della sua costruzione e continuamente integrato nel tempo.
La Biblioteca è stata inserita dall’Unesco, nel giugno del 2005, nel registro della Memoria del Mondo (prima in Italia), con un’ampia motivazione che si può così sintetizzare:
«… È un raro esempio di una completa e meravigliosa collezione conservata dalla metà del XV secolo … La collezione è un esempio unico di biblioteca umanistica del Rinascimento …»
L’opera è strettamente legata al nome di Domenico Malatesta, poi denominatosi Malatesta Novello, signore di Cesena e fratello di Sigismondo Pandolfo Malatesta, il signore di Rimini che commissionò all’Alberti il Tempio Malatestiano.
Costruita fra il 1447 ed il 1452, ed inaugurata nel 1454, appartiene, come il Tempio Malatestiano di Rimini al periodo Rinascimentale e fu realizzata dall’architetto fanese Matteo Nuti, discepolo di Leon Battista Alberti (uno dei più grandi artisti del tempo).
Qualcuno ipotizza addirittura la partecipazione dell’Alberti nella fase di progettazione per la sapiente definizione degli spazi basata su precisi rapporti matematici.
L’esigenza di realizzare l’opera fu manifestata a Malatesta Novello dai frati del convento di S. Francesco che non avevano più spazio a sufficienza per conservare i tanti libri della loro biblioteca, ed il giovane Malatesta incaricò l’architetto che aveva già realizzato diverse opere per la sua famiglia ed a cui si deve anche l’ampliamento della Rocca cesenate.
L’esempio illustre, preso a modello, fu la Biblioteca di S Marco a Firenze, opera di Michelozzo, realizzata pochi anni prima, e sapientemente reinterpretata.
Questo fatto è un’ulteriore dimostrazione della vitalità culturale della Romagna del tempo, sempre pronta a cogliere i fermenti innovativi più validi e protagonista di quel rinnovamento delle arti che si propagherà poi all’intera Europa. Non dimentichiamo l’influenza avuta da Melozzo da Forlì nell’arte Italiana del ‘400 e del ‘500.
Nella Biblioteca Malatestiana l’architetto supera lo schema ad aula unica delle biblioteche medioevali e costruisce lo spazio secondo il modello delle basiliche cristiane rinascimentali, a tre navate divise da due filari di colonne che sostengono archi a tutto sesto. Tale modello è però adeguato alla funzione specifica della biblioteca e la navata centrale si trasforma in un ampio corridoio coperto da una volta a botte ed illuminato da un ampio oculo rotondo polilobato sulla parete di fondo mentre nelle navate laterali più ampie trovano spazio i plutei (28 per parte) destinati alla lettura ed alla custodia dei preziosi codici.
Le navate laterali sono coperte da eleganti volte a crociera, senza nervature, alla maniera romana e sono illuminate da due lunghe serie di finestre, 2 per ogni campata, che illuminano lo spazio con una luce calda che favorisce la lettura.
La sensazione che si percepisce, entrando nella sala, è quella di un tempio della cultura dove l’eleganza non è data dalla ricchezza delle decozioni ma dall’armonia delle forme e degli spazi scanditi da sapienti rapporti proporzionali. È la luce della ragione che deriva dai modelli greci e romani a cui il Rinascimento si ispira.
Malatesta Novello fu sicuramente un mecenate ma, come il Mecenate latino, cercò di trarre il massimo risultato d’immagine dalla realizzazione dell’opera, facendo inserire gli stemmi della sua famiglia su tutti i capitelli, sulle fiancate dei plutei, sulle prime pagine di tutti i codici che fece copiare da un gruppo di esperti amanuensi e miniaturisti che raccolse al convento cesenate, fece inserire formelle che lo ricordavano sul pavimento in corrispondenza di ogni colonna, utilizzò i colori del proprio casato col rosso del pavimento e delle lesene (colonne appiattite) addossate alle pareti, il bianco delle colonne ed il verde marcio che colorava gli intonaci.
Nel portale d’ingresso, di pura forma classica, dove due lesene sostengono un timpano triangolare (attribuito ad Agostino di Duccio), incorniciando una maestosa porta in legno intagliato, oltre ai soliti simboli araldici del casato è rappresentato un elefante avvolto dalla scritta: “L’elefante indiano non teme le zanzare” sbeffeggiando i suoi nemici, individuati, da qualche studioso, nei Da Polenta, signori di Ravenna, città allora ricca di zanzare.
Malatesta fu comunque molto saggio nel far condividere la custodia ed il diritto di utilizzo della biblioteca fra i monaci francescani e l’autorità comunale (la porta aveva due chiavi come le attuali cassette di sicurezza), aprendo così la consultazione anche ai cittadini laici, fatto questo fortemente innovativo. Fissò inoltre una rendita vitalizia per garantire nel tempo la manutenzione e l’aggiornamento del patrimonio librario.
La custodia dei libri era comunque doppiamente garantita: fisicamente da catenelle in ferro battuto che fissavano i volumi ai plutei e moralmente attraverso una specifica scomunica che colpiva chiunque si appropriasse di un libro.
Tutto questo ha fatto sì che la Biblioteca Malatestiana si sia conservata intatta dopo tanti secoli, costituendo oggi l’unico esempio di biblioteca monastica umanistica ancora integra nelle strutture, nell’arredo e nel materiale librario. Tutto ciò malgrado la parentesi napoleonica nel corso della quale era stata trasformata in dormitorio per i soldati il cui generale si portò via, come souvenir, due preziosi incunaboli.
Il ricco patrimonio bibliografico è stato successivamente integrato con l’aggiunta della “Biblioteca Piana”, collocata in un salone antistante la biblioteca rinascimentale e costituita dai volumi che Papa Pio VII Chiaramonti aveva dato in uso ai Benedettini del Monte e che gli eredi Chiaramonti hanno venduto, nel 1941, allo Stato Italiano.
Per vedere le immagini dettagliate della Biblioteca Malatestiana vi invito a visitare l’album specifico nella mia pagina fb sull’Arte in Romagna: https://www.facebook.com/media/set/?set=a.274764089224664.71162.209879935713080&type=3
Umberto Giordano