Nei giorni scorsi si è conclusa la raccolta del grano (foto di Maicol Cortesi) caratterizzata da un andamento climatico anomalo, molto piovoso, che ha inciso negativamente sulla quantità e sulla qualità del prodotto. Di sicuro furono momenti ancor più difficili quelli vissuti 70 anni fa, durante l’estate del 1944, in pieno conflitto mondiale. Se l’attività industriale stava vivendo momenti critici determinati dalla mancanza di materie prime da trasformare, dai notevolissimi danni inflitti dai bombardamenti agli stabilimenti e dal generale clima di terrore e di caos, non bisogna dimenticare che la situazione delle nostre campagne era altrettanto critica soprattutto con l’avvicinarsi della stagione dei raccolti. Particolarmente difficile, come ne da testimonianza don Biagio Fabbri, allora parroco di Vecchiazzano, nel suo diario, fu effettuare la trebbiatura del grano, ritardata di qualche settimana per ordine dei partigiani che inviavano per le campagne uomini alla spicciolata e che diffondevano avvisi durante la notte. Oltre tutto, chi aveva voglia di mietere? Si pensava che il fronte passasse rapidamente, in poche settimane.
All’inizio dello stesso mese di luglio i contadini furono invitati dal C.L.N. a non effettuare o a ritardare la trebbiatura allo scopo di impedire ai tedeschi di impadronirsi del raccolto. A sostegno dei contadini furono mobilitati i reparti della 29° Brigata G.A.P. “Gastone Sozzi”. I proprietari delle trebbiatrici furono invitati a consegnare ai partigiani alcuni pezzi essenziali al loro funzionamento, avvertendoli che se si fossero messi al servizio del nemico le loro macchine sarebbero state distrutte. Le autorità fasciste tentarono di costringere i contadini a trebbiare fissando la data di inizio al 10 luglio. Nella notte fra il 9 e il 10 luglio numerose trebbiatrici, alle cui guardia erano stati posti molti fascisti, vennero date alle fiamme ad opera dei componenti della Brigata G.A.P. mediante il lancio di bottiglie incendiarie. Lo sciopero fu totale. Per comprendere il valore di questa battaglia occorre considerare che cosa significhi per un contadino sacrificare i raccolti, che costituiscono il frutto di un anno di lavoro e una delle fonti principali per il sostentamento della propria famiglia.
“Ritardando il passaggio – scrive don Fabbri – nei giorni 17 e 18 luglio uscirono le trebbiatrici, in quegli stessi giorni fu diramata un’ordinanza del comando tedesco (tutti si aveva paura di questi ordini) che obbligava gli uomini delle classi dal 1910 al 1926 ad arruolarsi nella Todt (impresa tedesca che doveva fare tutti i lavori in Italia riferentesi alla guerra); altrimenti si rischiava di essere inviati ai lavori forzati. Per questo, molti giovani corsero alle trebbiatrici poiché la trebbiatura era inclusa fra i lavori riconosciuti; così la trebbiatura proseguì abbastanza regolarmente con squadre raddoppiate. Si temeva però che le macchine venissero bruciate o mitragliate. Nella notte del 23 luglio furono rubate le cinghie a due delle tre trebbiatrici che lavoravano a Vecchiazzano, ad opera dei partigiani che cercavano di intralciare e ritardare la trebbiatura, perché sembrava imminente il passaggio del fronte. Qualche giorno dopo, furono rubate le cinghie anche alla terza. Altre macchine vennero danneggiate altrove. Il lavoro fu sospeso e venne ripreso l’8 agosto. Non si sapeva che fare. Si cambiava decisione spesso secondo gli avvenimenti”.
Gabriele Zelli