statistiche siti
4live Logo 4live Logo

Leggilo in 7 minuti

Chi non vorresti mai incontrare nel traffico? Il vecchio col cappello

img of Chi non vorresti mai incontrare nel traffico? Il vecchio col cappello
Ultimo aggiornamento:

Donca, mi ricollego a quello che scriveva la rossa l’altro giorno. Mi ricollego nel senso che io sono un romagnolo atipico perchè non c’ho mai avuto il culto della moto. Più che altro l’invidia della moto, quello sì. Quando ero tipo alle superiori mi bastava il mio Sì Piaggio un po’ tamarrato, ma più che altro a quell’età ero un patàca a mille carati, quindi anche meglio che non abbia potuto fare lo stupidino in moto. Che poi tanto le tipe non mi si sarebbero avvicinate neanche col bastone lo stesso!

Poi son cresciuto e la mia avversione per la moto è diventata una roba dell’os-cia quando quelli con la moto venivano additati regolarmente come parametri di figosità assoluta dalle varie ex che ho avuto (parametro al quale io, maschio non centaurato, non mi avvicinavo nemmeno se saltavo in alto con l’asta di Serhij Bubka). Ovviamente da uomo romagnolo duro e tutto d’un pezzo piutòst che cumprè la moto sono andato avanti a pugnette un bel po’. No, um dispìs, ma io son sempre stato per le quattro ruote.

Ho girato come un invornito sempre, ho fatto una quintalata di chilometri par andé dalla muròsa che se doveva muoversi lei, aveva la stessa mobilità di una guardia di Buckingham Palace. E a me piaceva e piace guidare, in pista quando si poteva, coi go-kart, in strada, non c’era un pezzettino di asfalto che non riuscissi a percorrere pensando di essere alla curva della Tosa, a Imola, in staccata su Prost e Senna e Villeneuve. Guidando una Minardi, ovviamente, boja d’è sumàr!

A parte quando c’era lui. “Lui” è un’entità paranormale, lui è un qualcosa che si materializza dal nulla. Lui compare da una stradina secondaria. Lui è in corsia di marcia lenta alla tua sinistra quando ti immetti in autostrada, e va quel tanto che se acceleri ti spasci sul guardrail, e se freni devi rallentare così tanto che i maroni van sotto la frizione. Lui è il vecchio col cappello. Io lo odio. Lo so che in tanti hanno scritto su questa figura, mitica come l’unicorno, spaccamaroni come il lunedì, ma io ci voglio mettere il carico – anca parchè sté bagaj ad Feisbruk l’è e nostar, e a fasem pu’ me e la Rossa quel c’us pé!

Dunque, il vecchio col cappello, dicevamo. Nel nostro caso c’è la variante: il vecchio romagnolo col cappello. Da cosa si distingue dal “vecchio standard”? Beh, il romagnolo intanto per cominciare non di rado ha una mazurka che viene fuori a decibel impossibili dai finestrini. E non è un residuo del tamarrismo di gioventù, è proprio che è sordo. La sua donna di fianco è regolarmente in questa posa suddetta: seduta composta un po’ in punta di sedile; borsetta appoggiata trasversalmente sulle ginocchia; mani appoggiate sulla borsetta; sguardo perso nel vuoto; velo sulla testa. Visto che di solito il vecchio guida la domenica (SOLO! la domenica), al 95% stanno andando a Messa, quindi lei uscirà dalla catatonia in tempo per le orazioni e le chiacchiere con le amiche, lui invece un po’ dopo, quando andrà al bar a bestemmiarsi le ultime briscole.

Io me l’immagino il clima in quel pandino del 1985 (altra caratteristica tipica è l’auto. La Panda è l’auto per antonomasia del vecchio col cappello, seguita dalla Fiat 127), clima che è esattamente lo stesso che c’è in casa: rassegnata sopportazione. Non vola una mosca, si sente solo una mazurka soave e leggera (eh graziealcazzo, son sordi!). I due vecchi si dirigono alla Chiesa di Santa Cunegonda per la Messa.
“Os-cia boia Cesira, mo abiam da andare proprio tutte le domeniche, zio vigliàc?”
“Sta bon Ernesto, sta bon, s’et paura che ti venga un sciopòne”? “Grrmbl”.

Ernesto si è messo la giacca di lana spigata anche se è il 2 settembre e fuori ci sono 74 gradi, solo che è di 14 anni prima, e anche altrettanti maiali mangiati in meno, e guida come se avesse un busto di acciaio inox. La testa è incassata nelle spalle, tese allo spasimo nel cercare di domare i ben venti cavalli del pandino. A coronamento del tutto, il nostro eroe mette un cappello. Visibilità: meno infinito. Ernesto mette la prima, e gratta. “Os-cia vigliàca”. E poi accelera. E tira. E tira. E tira la marcia. La prima arriva a 8500 giri, e capisci veramente quanto fossero solide le Fiat di un tempo. Dal bar, 4 km più in là, gli amici commentano: “sent sent sent che quest l’è Ernesto che e partèss”.

Ernesto mette la seconda, la macchina sussulta come se fosse epilettica. “Ciò, t’an andré trop fort?” fa la Cesira allarmata. Ernesto tira un bestemmione che il Cristo sul cruscotto prende fuoco e in seconda piena si immette sulla strada. Ovviamente Ernesto è inchiodato peggio del Cristo sul cruscotto, quindi si immette con la sua brava testa tra le spalle, alla “boh sperèma che non arrivi nessuno”.

“Dì, Cesira”.
“Sa vut?”
“Non ti sembra di sentire un rumore?”
“E’ la mia pancia. E’ il gappone di ieri”.
“Mo no, invurnìda… senti senti… senti ora!”
“Ernesto, io non sento niente. Te sarà meglio che vai da quello delle orecchie perchè a sentir tutti ‘sti rumori mi fai i maroni”.
“Grrmbl”.

Effettivamente un rumorino c’era. Ero io dietro di lui coi freni ancora fumanti perchè arrivavo giù sui cento, centodieci e mi son trovato davanti un pandino celeste che forse una volta era blu, guidato da una mummia egizia con Anubi di fianco. Che a un romagnolo poi parte l’imprecazione iperbolica, quando un vecchio col cappello gli taglia la strada. Una imprecazione media fa più o meno così (a-hem):
“C’ut avnèss un chencar zio prìt, te e la tu panda d’e caz, va in t’e casèn a purtè l’acqua imbezèl, fat dé in t’e cul zio rosp, t’sciupess tòti al gòmi, va a fe d’i buchèn te e trentasì d’i tu parênt”.
(traduzione: che possa giungerti un male non effimero, o congiunto clericale, tu e la tua fallica Fiat, recati al postribolo ivi portando l’acqua, o stolto, indugia in rapporti contronatura, o congiunto anfibio, che le tue ruote possano perdere pressione, e recati a regalare fellatio tu e trentasei dei tuoi consanguinei).

E mentre li sorpassi con un primasecondaterzaquarta che sono uno stupro alle ruote dentate del cambio, li guardi. Sono immobili. Ignari del mondo che li circonda, cristallizzati, fossili, immersi nell’ambra, rinvenuti in una torbiera in Groenlandia, ingessati, marmorei, lignei, tutti presi uno a guidare e l’altra a.. a.. a boh, credo sopravvivere. Se arrivasse l’apocalisse zombie, sarebbero gli ultimi ad accorgersene. Anche perchè… “Cesira, e pù me at dèg che un rumorino lo sento!” “Ernesto, fai i maroni ancora?” “Farò i maroni, ma sta gente tutta spellata che si muove come gli invorniti me par me i j’è di stragomunitari”. “Os-cia, spèta che chiudo le serrande che i vucumprà mi fan più maroni di te”.

(il Nero)

p.s. una sera guidavo con una nostra “accolita” in auto. Ci taglia la strada un’auto e si piazza davanti a noi ai 35 all’ora, e a me si chiude la vena. Lo sorpasso, e mentre sto pensando a cosa dire, lei mi precede, urlando: “Ma tu sei…” è una frazione di secondo. Cosa dirà? Cretino, ignorante, deficiente, o peggio? Poi lo vede e finisce. “…Vecchio!” Eh lo so. È sempre sorprendente vedere un reperto del Triassico alla guida.

Articolo pubblicato nella pagina Facebook “a fet a què?”