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Wildt, l’anima e le forme da Michelangelo a Klimt

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Dal 28 gennaio al 17 giugno 2012 Forlì dedica a Wildt la più grande mostra mai realizzata: 250 opere, delle quali 60 sono grandi capolavori. Molte sono pitture. Dopo il successo della mostra del 2011 dedicata a Melozzo e all’umana bellezza, ecco alcune informazioni sulla esposizione prevista per il 2012 ai Musei San Domenico di Forlì: “Adolfo Wildt. L’anima e le forme tra Michelangelo e Klimt”. Il crescente interesse da parte del grande collezionismo internazionale e la sua presenza in mostre di particolare rilievo organizzate dai maggiori musei del mondo costituiscono un segnale decisivo della riscoperta di Adolfo Wildt (Milano 1868-1931), oggi finalmente riconsiderato tra i massimi scultori del Novecento europeo.

Nonostante i riconoscimenti e la fama raggiunti in vita, quando gli fu assegnata per chiari meriti la cattedra di scultura nella prestigiosa Accademia di Brera e fu nominato Accademico d’Italia, il suo apprezzamento da parte della critica è rimasto a lungo controverso. La sua incredibile eccellenza tecnica e lo straordinario eclettismo furono attaccati sia dai conservatori, che non lo vedevano allineato per i contenuti ancora pervasi dal Simbolismo e per le scelte formali caratterizzate da richiami nordici estranei alla tradizione mediterranea e all’arte di regime, sia dai sostenitori del moderno che mettevano in discussione la sua fedeltà alla figura, la vocazione monumentale, il continuo dialogo con i grandi scultori e pittori del passato, e la fedeltà alla scultura intesa come esaltazione della tecnica e del materiale tradizionalmente privilegiato – il marmo – che lui sapeva lavorare raggiungendo effetti davvero straordinari, sino alla più elevata purificazione dell’immagine.

Questi aspetti, che ne hanno determinato per lungo tempo la sfortuna, esercitano oggi su di noi un nuovo fascino che solo una grande mostra potrebbe finalmente restituire.  Partendo dall’eccezionale nucleo di opere conservate a Forlì, dovute al mecenatismo della famiglia Paolucci de’ Calboli, protagonista della storia della città e della storia nazionale, è oggi possibile radunare una serie di straordinari capolavori di Wildt e ricostruire il percorso più completo della sua produzione sia scultorea sia grafica.

L’idea che governa questa mostra è quella non di una rassegna di carattere monografico, ma di un percorso che, come nel caso della recente mostra di Forlì su Canova, metta in rapporto le sue opere con quelle degli artisti, pittori e scultori del passato (Fidia, Cosmè Tura, Antonello da Messina, Dürer, Pisanello, Bramante, Michelangelo, Cellini, Bernini, Canova) e i moderni (Previati, Rodin, Klimt, De Chirico, Casorati, Fontana) con cui si è intensamente e originalmente confrontato, attraverso ambiti diversi della vicenda artistica, come il Liberty, il Simbolismo, il Decò, il Classicismo Novecentesco, l’eclettismo tra richiami al Quattrocento, al Manierismo, al Barocco al Realismo magico.

Mentre i temi da lui privilegiati, come quelli del mito e della maschera, gli consentirono di dialogare anche con la musica (Wagner) e la letteratura contemporanea, da D’Annunzio (che fu suo collezionista) a Pirandello e Bontempelli; così è stato un superbo ritrattista che con i magnifici busti colossali di Mussolini, Vittorio Emanuele III, Pio XI e tanti eroi di quegli anni ha saputo creare un Olimpo di inquietanti idoli moderni. Una ricostruzione dettagliata e davvero affascinante della biografia, delle relazioni, delle committenze europee di questo protagonista assoluto di un periodo che, del resto, a Forlì e nel territorio ha lasciato testimonianze di scultura, di urbanistica e di architettura di straordinario livello, da riscoprire in occasione della mostra, con una serie di itinerari e di eventi opportunamente studiati e programmati.

Nel 2012 sarà dunque riportato alla luce il dibattito culturale locale ed i suoi protagonisti, che svolsero talora anche un ruolo nazionale. L’insieme di queste iniziative, attorno e attraverso la mostra dedicata ad Adolfo Wildt, consentirà di rileggere la vicenda novecentesca della città di Forlì e della Romagna. Ancora una volta il percorso espositivo si articolerà all’interno delle grandi sale che costituirono la biblioteca del Convento di San Domenico e nelle stanze del piano terra dove si sono tenute le sei precedenti mostre ideate e realizzate dalla Fondazione della Cassa dei Risparmi di Forlì in collaborazione con il Comune di Forlì ed i Musei San Domenico”. [Fonte: Fondazione della Cassa dei Risparmi di Forlì, Comune di Forlì, Musei San Domenico].

Adolfo Wildt (Milano, 1868-1931) è il genio dimenticato del Novecento italiano. Per lungo tempo, nonostante i riconoscimenti e la fama raggiunti in vita – gli fu assegnata per chiari meriti la cattedra di scultura nella prestigiosa Accademia di Brera a Milano e fu nominato Accademico d’Italia – il suo apprezzamento da parte della critica è rimasto controverso.
Solo ora si torna finalmente a considerarlo tra i massimi scultori del Novecento. Estraneo al mondo delle avanguardie e anticonformista, capace di fondere nella sua arte classico e anticlassico, Wildt è un caso unico in questo suo essere in ogni istante tutto e senza luogo.

Il passato non è più un flusso lineare di cose trascorse ma, come insegna Boudelaire, un tempo nuovo, decadenza e modernità assieme, una vasta landa di significati cristallizzati – Egitto e Grecia, Gotico e Rinascimento – che sopravvivono l’uno accanto all’altro, disponibili all’uso e al rischio dell’interpretazione. La sua incredibile eccellenza tecnica e lo straordinario eclettismo furono attaccati sia dai conservatori – che non lo vedevano allineato  per i contenuti ancora pervasi dal Simbolismo e per le scelte formali caratterizzate da richiami gotici ed espressionisti estranei alla tradizione mediterranea e all’arte di regime – sia dai sostenitori del moderno che mettevano in discussione la sua fedeltà alla figura, la vocazione monumentale, il continuo dialogo con i grandi scultori e pittori del passato, e la predilizione della scultura come esaltazione della tecnica e del materiale tradizionalmente priviliegiato, il marmo, che lui sapeva rendere con effetti sorprendenti sino alla più elevata purificazione dell’immagine.

Questi aspetti, che ne hanno condizionato per lungo tempo la fortuna, esercitano oggi su di noi un fascino nuovo che solo una grande mostra può finalmente restituire. Partendo dall’eccezionale nucleo di opere conservate a Forlì, dovute al mecenatismo della famiglia Paulucci di Calboli, protagonista della storia della città e della storia nazionale, e grazie alla disponibilità dell’archivio Scheiwiller (il grande editore milanese che per via familiare ha ereditato molte opere e materiali di Wildt), è oggi possibile radunare una serie di straordinari capolavori di Wildt e ricostruire il percorso più completo della sua produzione sia scultorea sia grafica.

L’idea che governa questa esposizione non è semplicemente quella di una rassegna di carattere monografico, ma quella di un percorso che (come nel caso della recente mostra di Forlì su Canova) metta in relazione profonda le sue opere con quelle degli artisti – pittori e scultori – del passato (come Fidia, Cosmè Tura, Antonello da Messina, Dűrer, Pisanello, Bramante, Michelangelo, Bramantino, Bronzino, Bambaia, Cellini, Bernini, Canova) e dei moderni (Previati, Dudreville, Mazzucotelli, Rodin, Klimt, De Chirico, Morandi, Casorati, Martini, Messina, Fontana, Melotti) con cui si è intensamente o originalmente confrontato, attraversando ambiti e momenti diversi della vicenda artistica.

I temi da lui privilegiati, come quelli del mito e della maschera, gli consentirono di dialogare anche con la musica (Wagner) e la letteratura contemporanea, da D’Annunzio (che fu suo collezionista) a Pirandello e Bontempelli; così, da ritrattista eccezionale quale era, con i magnifici busti colosali di Mussolini, Vittorio Emanuele III, Pio XI, Margherita Sarfatti, Toscanini e di tanti eroi di quegli anni, egli ha saputo creare un Olimpo di inquietanti idoli moderni. Wildt vuole condurre i gesti, i volti, le figure umane a una nudità essenziale, coglierne l’anima consentendo al pensiero di giungere a un’armonia maturata e composta tra la linea e la forma. [Presentazione copiata dal ‘pieghevole’ ufficiale della Mostra Wildt, l’anima e le forme tra Michelangelo e Klimt – Musei San Domenico 28 gennaio – 17 giugno 2012]

Wildt è arrivato attraverso spiritualizzazioni estreme di piani e di volumi, di gesti e di espressioni a una plastica ascetica di una intensità e di una profondità da lungo tempo non raggiunte (cit. M.Tinti 1919). Fin da ragazzo studiai con selvaggia intensità i nostri maestri antichi […] È questo studio, lungo e faticoso, l’unica fonte della mia arte e a questo aggiungo il mio potente bisogno di sincerità (cit. A. Wildt 1915). Maschere, maschere… Un soffio e passano, per dare posto ad altre. Ciascuno si racconta la maschera come può – la maschera esterna. Perchè dentro di noi c’è l’altra, che spesso non s’accorda con quella di fuori (cit. L.Pirandello 1908).