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Ancora vivo il ricordo della strage del Carnaio del 25 luglio 1944

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Nonostante la pioggia insistente e la temperatura non propriamente estiva i familiari delle ventisette persone uccise settantadue anni fa al Carnaio non hanno voluto mancare alla cerimonia commemorativa che si è svolta durante la mattinata di domenica 24 luglio con la celebrazione della Santa Messa da parte del vescovo di Cesena-Sarsina, monsignor Douglas Regattieri.

La loro costante presenza nel corso degli anni, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche, è la più viva testimonianza di come l’eccidio sia ancora vivo e susciti ancora oggi orrore. Eccidio che venne compiuto la sera del 25 luglio 1944. Al mattino presto di quella giornata, settanta militi della polizia italo-tedesca iniziarono il rastrellamento alla ricerca di trenta uomini da fucilare come rappresaglia all’uccisione di tre tedeschi. I militi appiccarono fuoco a sedici abitazioni, rastrellarono settantadue persone, prevalentemente donne e bambini e le condussero al Carnaio.

I prigionieri furono raggiunti da don Ilario Lazzari che cercò di portare loro conforto. Alle 14,00 don Ilario decise di raggiungere il comando tedesco di Bagno di Romagna per perorare la causa degli sventurati, ma venne ucciso con una raffica di mitra dopo pochi metri. Alla sera, verso le 20,30, furono rilasciate le donne e i bambini. Vennero invece fucilati sei uomini. Contemporaneamente con un camion i tedeschi trasportarono da San Piero in Bagno al Carnaio altri ventuno rastrellati. Un giovane cercò la salvezza saltando dal camion, venne ripreso e impiccato a un palo del telegrafo. Gli altri uomini furono condotti in un avvallamento sotto la strada, nei pressi di una quercia. Le mitragliatrici spararono dall’alto, inesorabili. L’ora serale, tra buio e luce favorì la fuga e in due riuscirono a salvarsi. Nella strage furono uccise ventisette persone.

Sul luogo dell’eccidio sono visibili i resti della quercia che si è seccata negli anni ’80. Tre piccole lastre di bronzo collocate nei ricordano le tre fosse dove furono sepolte le vittime prima della traslazione al cimitero di San Piero in Bagno nel settembre 1945. Su ogni lastra è scritta la strofa di una poesia di Gianni Rodari sulle cose da fare di giorno e di notte e sulle “cose da non fare mai, né di giorno né di notte, né per mare né per terra, per esempio la guerra”.

Gli stessi concetti che sono stati ricordati nell’omelia dal vescovo Douglas Regattieri e dal sindaco di Bagno di Romagna, Marco Baccini, nel suo intervento. Alla cerimonia hanno partecipato Gabriele Zelli, sindaco di Dovadola e Consigliere provinciale delegato, Alessia Righi, Isabel Guidi, rispettivamente vice sindaco di Bagno di Romagna e di Santa Sofia, Dante Orlandi, assessore del Comune di Sogliano al Rubicone, Enrico Monti, capogruppo del gruppo consiliare Pd del Comune di Forlimpopoli, Liviana Zanetti, presidente Apt.