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Cesena, le origini storiche ed il patrimonio artistico

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Ci sono due problemi rimasti ancora insoluti sulle origini storiche di Cesena, primo fra tutti l’etimologia del nome derivante, secondo alcuni, dal torrente Cesuola che attraversava tutta la città o dal verbo latino caedo (tagliare) con riferimento sempre al torrente che tagliava in due la città (derivato dall’etrusco Caizna). Un’altra ipotesi fa risalire il nome ad una forma composta da un prefisso “Caes-” (derivato dal termine caesura o cesina che significano terra disboscata) oppure “Ces-” (di derivazione etrusca) = taglio (sempre riferito al torrente), completato dal suffisso “ena” (usato come terminazione dei nomi di diverse città etrusche come Bolsena e Siena), che uniti formerebbero il nome di Cesena.
L’altro problema si riferisce alla fondazione della città, che viene fatta risalire al VI-V sec. a.C..

Un’ipotesi, sostenuta da molti, ma non sufficientemente documentata ipotizza la presenza degli Etruschi, o di popoli di cultura etrusca (umbro-etruschi) all’atto della fondazione di Cesena. E’ comunque certa la presenza degli Umbri in questo territorio anche perché gli stessi si spinsero a nord fino ad Imola. La presenza degli Etruschi in Romagna è comunque ampiamente documentata a Rimini ed ancor più a Verucchio, centro etrusco di particolare importanza che, dall’alto della collina, controllava un importante scalo marittimo dove approdavano merci preziose fra le quali l’ambra, proveniente dall’Europa settentrionale. A Verucchio sono stati infatti trovati importanti reperti etruschi, di origine funeraria, ora custoditi nel museo archeologico di Bologna.

Speriamo che anche il territorio cesenate ci regali qualche interessante ritrovamento che documenti, con certezza, il passaggio degli Etruschi. A metà del IV secolo a.C. un’invasione di Galli Boi pose fine al dominio umbro-etrusco su Cesena e sui territori circostanti.
Le cose cambiarono definitivamente con l’arrivo dei Romani che fondarono Rimini (Ariminum) e diedero l’inizio alla centuriazione della pianura romagnola, che venne divisa in tanti lotti quadrati, ancora ben visibili della planimetria della nostra pianura, che venivano assegnati ai legionari romani, come liquidazione, all’atto del congedo. Conquistarono poi Cesena e gradualmente assoggettarono tutti i galli Boi. Dove arrivavano i Romani, naturalmente, arrivavano le strade ed anche a Cesena arrivò la via Emilia che proseguì poi attraversando tutta la regione. La presenza a Cesena di un colle (il Garampo) sulla cui sommità verranno poi realizzati i primi insediamenti fortificati, costrinse i Romani a deviare rispetto all’asse rettilineo da loro preferito, creando quella che prese il nome di “Curva Caesena”. Comincia qui la vera storia di Cesena, strettamente legata alla storia di Roma, ma la prima importante citazione da parte di Plinio il Vecchio è riferita a Cesena come città produttrice di ottimo vino, prerogativa questa conservata anche negli anni più bui ed ancora valida ai giorni nostri.

Cesena cresce, all’ombra di Roma, diventa un municipium, prospera economicamente grazie anche alla vicinanza con la ricca Ravenna, vengono costruite tutte le infrastrutture necessarie ad una città, comprese le terme fatte costruire da Aureliano e prospera ancor di più quando Ravenna diventa la capitale dell’Impero Romano d’Occidente.
Con la caduta dell’impero romano comincia il periodo più travagliato della storia cesenate.
Cade inizialmente sotto il controllo degli Eruli di Odoacre, viene poi assediata e conquistata da Teodorico sotto il cui dominio viene edificato Castel vecchio.
Ma i guai non finiscono qui e con la guerra Goto-Bizantina subisce l’assedio e la conquista da parte del generale Belisario, entrando così a far parte dei domini bizantini. I Goti però non si rassegnano e riconquistano Cesena per perderla poi dopo una decina d’anni e Cesena torna ad essere bizantina, inglobata nell’Esarcato e sottoposta all’autorità del vescovo di Ravenna.

Viene poi il turno dei Longobardi che conquistano, lasciano e riconquistano Cesena finché i Franchi, chiamati dal Pontefice, sconfitti i Longobardi consegnano alla Chiesa romana Cesena e gli altri territori circostanti, ma solo sulla carta, perché l’arcivescovo di Ravenna assume di fatto il controllo della città come vassallo imperiale.
Con l’VIII secolo comincia un periodo molto interessante per l’arte romagnola: la costruzione delle Pievi, piccole chiese distribuite sul territorio dove sorgevano piccoli agglomerati urbani e che costituiranno il punto di partenza per un nuovo tipo di architettura religiosa che sfocerà nell’arte romanica.
Dopo il fatidico anno 1000 si manifesta, con forza sempre maggiore, la volontà di acquisire autonomia, ma solo nel 1180 Cesena diventerà un libero comune.
Seguirà comunque un periodo tormentato ed instabile, tale da far scrivere a Dante, nel canto XXVII dell’inferno: «E quella cu’ il Savio bagna ‘l fianco, così com’ella sie’ tra ‘l piano e ‘l monte, tra tirannia si vive e stato franco».

Nel 1333 Cesena diventa dominio della famiglia forlivese degli Ordelaffi, ma sarà una signoria di breve durata perché il cardinale Albornoz, inviato dal Papa, alla testa delle truppe pontificie, per riconquistare le terre della Chiesa cadute nelle mani di signorotti locali, dopo un lungo assedio riconquista la città e si insedia nel nuovo palazzo del governatore (attuale sede del Comune) fatto costruire unificando due costruzioni preesistenti.
Ma il fatto più tragico della storia di Cesena deve ancora verificarsi: nel 1377 i mercenari bretoni comandati dall’inglese Giovanni Acuto, prendendo a pretesto un dissidio con cittadini e mercanti entrano nella città, la mettono a ferro e fuoco, uccidono 4000 abitanti ed altrettanti li deportano. È una strage senza precedenti e passerà alla storia come il “Sacco dei bretoni”. Nell’anno successivo Papa Urbano VI affida quello che rimane della città di Cesena al signore di Rimini Galeotto I Malatesta, col titolo di vicario. È una scelta particolarmente felice e l’epoca che seguirà sarà la più fruttuosa e serena per la città di Cesena. Galeotto ed i suoi successori danno l’avvio ad un riordino urbanistico della città, la vecchia cattedrale inserita entro la cinta fortificata viene abbandonata e viene costruita una nuova chiesa che diventerà la nuova cattedrale di S. Giovanni, vengono spianate le pendici del colle del Garampo e viene realizzata un’ampia piazza (l’attuale piazza del popolo) e si dà l’avvio alla costruzione di una nuova rocca.

Malatesta Novello, vero principe rinascimentale, realizza la biblioteca malatestiana, prima biblioteca civica e monastica, chiamando a Cesena l’architetto Matteo Nuti, di Fano, (incaricato da Leon Battista Alberti di realizzare il Tempio Malatestiano di Rimini da lui progettato). Lo stesso architetto porterà a termine anche la rocca malatestiana.
Si completa il nuovo ponte in pietra sul Savio e si rafforzano mura e porte. Vengono costruiti monasteri e chiese (S. Domenico e Osservanza) e si attua un importante opera di bonifica con la realizzazione del canale del Molino.
L’Abbazia di S. Maria del Monte, antico monastero benedettino, vive un’epoca d’oro in questo periodo, diventando un importante punto di riferimento per la cultura cesenate.
Si ipotizza anche che nel 1438 Filippo Brunelleschi sia stato in visita a Cesena, in quanto coinvolto nei progetti della nuova rocca.

Con la morte di Malatesta Novello, Cesena rientra nello Stato della Chiesa. Per alcuni anni si alternano diversi governi locali finchè, nel 1500, entra in Cesena Cesare Borgia (il Valentino) accolto con favore dalla popolazione. Cesena diventa la capitale del ducato di Romagna e riceve la visita di Leonardo da Vinci, nominato dal Borgia come architetto militare, che viene incaricato di fare rilievi sulla rocca e fornire il progetto per il porto di Cesenatico. Con la morte di Papa Alessandro VI cade il ducato di Romagna, Cesare Borgia viene imprigionato e Cesena rientra nello Stato della Chiesa. Dal 1775 Cesena vive un altro momento di gloria con l’ascesa al soglio pontificio di due Papi cesenati: Pio VI Braschi e Pio VII Chiaramonti a cui succede Pio VIII Castiglioni, marchigiano, ma ex vescovo di Cesena.
La calata in Italia di Napoleone Bonaparte smorzerà tutti gli entusiasmi e, malgrado i tentativi di Pio VI e Pio VII, Cesena, come tutte le altre città italiane conquistate, sarà privata di numerosi monasteri, conventi e chiese, destinati ad altri usi civili, e della propria Università, con cinque secoli di storia, mai più ripristinata.